
Molti sono convinti che il modo più semplice per sentirsi meno piccoli non è crescere, ma rimpicciolire gli altri difatti, coloro che non sono preparati su una determinata materia per farsi belli e grandi sembra essere diventato di moda lo sminuire coloro che invece a tale riguardo sono più o meno competenti.
Nel mondo dei social questo modo di fare la fa da padrona e nel mondo artistico direi che tale atteggiamento sia molto in voga, naturalmente non parlo di critiche rivolte a professionisti e artisti veri e propri che a costoro, non gliene può fregar di meno se la critica non è benevola e mi pare più che giusto, ma invece penso che potrebbe insinuare anche un certo calo di autostima in coloro che non sono affermati ma soltanto dei dilettati o degli appassionati di una certa materia o tecnica che sia. E purtroppo non si tratta sempre e soltanto dei soliti leoni da tastiera perché ciò non è presente solamente sui social, diciamo che su questi ultimi è in prevalenza, ma anche e purtroppo, nella vita reale, vige spesso questo atteggiamento a voler svalutare l’operato altrui e talune volte, quasi in modo canzonatorio e ho notato che non è soltanto un modo di fare tra i giovani ma anche tra persone più mature e il che mi lascia ancora di più allibita, ma l’essere umano è diventato davvero così presuntuoso?
Ah certo che è un gran bel modo di fare, io che non conosco o non sono competente su un determinato modus operandi, diminuisco invece chi è più capace di me… Quello che però viene tralasciato completamente, è che non si acquisisce conoscenza e competenza demonizzando il lavoro altrui, si rimane sempre e comunque degli incompetenti se non si conoscono gli argomenti di cui si sta “parlando”.
Credo che a ognuno di noi almeno una volta nella vita sia capitato di riceve queste critiche e purtroppo questo atteggiamento è piuttosto in crescita e in realtà ho scoperto che è una patologia vera e propria denominata “Sindrome di Procuste”, la quale induce anziché sforzarsi a migliorare e sviluppare ulteriormente le proprie capacità, a far scattare in coloro che ne sono affetti, quel loop di limitare i successi degli altri ed è dettato dalla propria insicurezza, dalle frustrazioni e da una bassa autostima che ne prendono campo sfociando poi in invidia e gelosia dando edito a quanto ho descritto nelle righe sopra che sono semplici miei riflessioni.
Questo comportamento è ben più grave di quel che sembra, sono persone che difficilmente vivono una vita rivolta al miglioramento personale cercando di costruire il proprio futuro per realizzare i propri sogni, non comprendendo che continuando sulla direzione di sabotare il lavoro altrui, continuano a fare del male a se stessi auto condannandosi a una vita mediocre e infelice, anziché di sforzarsi a migliorare e sviluppare ulteriormente le proprie capacità, decidono di limitare i successi degli altri avvilendone il loro operato.
Sindrome a parte, ciò che denoto ai giorni nostri, è che sembra essere scomparsa quella sana voglia di confrontarsi, di paragonarsi amichevolmente gli uni con gli altri che in certi casi è sicuramente costruttivo, e spesso mi sono chiesta: ma forse manca proprio la voglia di imparare da coloro che hanno seppur piccola che sia, una determinata esperienza?
In realtà ci potrebbe anche stare che probabilmente la maggior parte di questi individui, non sanno neppure di essere affetti da un vero e proprio malessere, il quale viene citato anche come competitività negativa.
È curioso scoprire che la sindrome di Procuste prende il nome da una strana e inquietante storia della mitologia che racconta la vicenda di un misterioso personaggio chiamato appunto Procuste:
“Procuste era un locandiere che gestiva una taverna fra le colline di Attica (nell’antica Grecia).Viene descritto come un personaggio dall’apparenza mite e amichevole che offriva alloggio ai viandanti. Tuttavia dietro quei suoi modi gentili e accoglienti si nascondeva un terribile segreto. Procuste possedeva un letto dove invitava tutti i viaggiatori a coricarsi (da qui l’espressione “letto di procuste”). Durante la notte, quando i malcapitati ospiti dormivano, ne approfittava per imbavagliarli e legarli. Se la vittima era alta e di conseguenza piedi, mani e testa sporgevano fuori dal letto, iniziava a tagliare le parti in “eccesso”. Se la persona era più bassa rispetto le dimensioni del letto, la allungava, rompendole le ossa per far coincidere le misure. Questo inquietante personaggio portò avanti le sue azioni oscure per anni, finché non incontrò un eroe greco, Teseo, che lo condannò alla stessa fine che Procuste riservava alle sue povere vittime”.
Direi che questa più o meno leggenda mitologica sia piuttosto agghiacciante come lo è altrettanto però, per coloro che rimangono vittime di queste persone che sono colpite da codesta piaga.
Se malauguratamente si viene presi di mira, credo non sia facile essere a contatto con personaggi che hanno queste peculiarità, se non si hanno i nervi più che saldi, si può rischiare di vivere perennemente in ansia magari restando in attesa di un nuovo attacco e umiliazione, le loro parole possono provocare grossi problemi e dispiaceri sia in ambito lavorativo che personale. Per evitare spiacevoli inconvenienti, occorre perciò uscire da queste gabbie costruite da personaggi così subdoli, la soluzione migliore penso sia il prendere le distanze sia emotivamente che fisicamente. Non bisogna permetterli di inquinare i nostri spazi e distruggere la propria dignità. Non bisogna piegarsi a chi prova piacere nel vederci abbattuti, piuttosto allontaniamoci da loro lasciandoli nel loro cupo mondo, riconosciamo in noi il nostro valore e talento e percorriamo la nostra strada a testa alta.
Personalmente sono sempre stata del parere che al di là delle critiche negative, sia importante seguire il proprio istinto, le proprie visioni a meno che tali critiche negative, non vengano dettate da persone più competenti di noi che nella loro critica è ben inteso un suggerimento che va a migliorare il nostro percorso.
Per coloro invece che soffrono di competizione negativa amichevolmente mi viene da suggerire che ogni qualvolta che si sentono minacciati dalle competenze altrui, forse dovrebbero ricordare che la vita è una competenza con se stessi e non con gli altri. La competizione non è sbagliata anzi, quando è sana, porta dei benefici e fa vivere le sfide con più voglia e intensità, tuttavia quella non sana, porta ad insuccessi, sensazioni di vuoto e tristezza.
Ognuno di noi ha un suo personale concetto di realizzazione che nulla ha a che vedere con quello degli altri. Lavorare per migliorare il nostro mondo e la nostra persona da molte più soddisfazioni e benefici invece che impiegare il proprio tempo ed energie ad abbattere i meriti altrui.


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