
Un libro che ultimamente ho letto e che mi ha conquistata letteralmente è appunto “Cuore nero” di Silvia Avallone.
Personalmente, ho già letto altri titoli di Silvia Avallone e, in tutta sincerità, apprezzo molto il suo stile di scrittura. Il libro in questione non ha deluso le mie aspettative. Per me, quando un racconto porta la sua firma, posso dire con sicurezza che il suo nome è una garanzia di qualità.
Per coloro che non conoscono questa autrice, Silvia Avallone è nata a Biella nel 1984, il giorno 11 aprile. Vive a Bologna, dove si è laureata in Filosofia e si è specializzata in Filologia moderna con una tesi su “La Storia” di Elsa Morante. Collabora anche con il Corriere della Sera, per il quale scrive mensilmente. Nel 2007 ha pubblicato la raccolta di poesie “Il libro dei vent’anni”, vincitrice del Premio internazionale di poesia Alfonso Gatto nella sezione giovani. Diverse testate giornalistiche, tra cui anche Vanity Fair, hanno parlato di alcune sue poesie e libri.
Il suo romanzo d’esordio, “Acciaio” (Rizzoli, 2010), ha vinto il premio Campiello; successivamente, altri suoi romanzi hanno ottenuto riconoscimenti. Il film omonimo “Accciaio”, diretto da Stefano Mordini e interpretato da Michele Riondino e Vittoria Puccini, è stato prodotto da Palomar e presentato nel 2012 alla 69ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, nelle Giornate degli Autori. La canzone di Noemi, ispirata ad “Acciaio”, e lo spettacolo “D’acier”, messo in scena nel 2015 dalla compagnia teatrale svizzera “L’outil de la ressemblance” e basato sulla traduzione francese del racconto, sono solo alcuni degli adattamenti derivati dall’opera. I suoi libri sono stati tradotti in diversi paesi europei, tra cui Francia, Olanda, Svezia e Slovacchia. Il libro di cui parlerò oggi, pubblicato in Italia il 23 gennaio 2024, ha ricevuto il Premio Viareggio e il Premio Elsa Morante 2024 per la narrativa, ed è attualmente in fase di traduzione in oltre 20 paesi.
“Cuore nero” trama:
L’unico modo per raggiungere Sassaia, minuscolo borgo incastonato tra le montagne, è una strada sterrata, ripidissima, nascosta tra i faggi. È da lì che un giorno compare Emilia, capelli rossi e crespi, magra come uno stecco, un’adolescente di trent’anni con gli anfibi viola e il giaccone verde fluo. Dalla casa accanto, Bruno assiste al suo arrivo come si assiste a un’invasione. Quella donna ha l’accento “foresto” e un mucchio di borse e valigie: cosa ci fa lassù, lontana dal resto del mondo? Quando finalmente s’incontrano, ciascuno con la propria solitudine, negli occhi di Emilia – “privi di luce, come due stelle morte” – Bruno intuisce un abisso simile al suo, ma di segno opposto. Entrambi hanno conosciuto il male: lui perché l’ha subito, lei perché l’ha compiuto – un male di cui ha pagato il prezzo con molti anni di carcere, ma che non si può riparare. Sassaia è il loro punto di fuga, l’unica soluzione per sottrarsi a un futuro in cui entrambi hanno smesso di credere. Ma il futuro arriva e segue leggi proprie; che tu sia colpevole o innocente, vittima o carnefice, il tempo passa e ci rivela per ciò che tutti siamo: infinitamente fragili, fatalmente umani. Con l’amore che solo i grandi autori sanno dedicare ai propri personaggi, Silvia Avallone ha scritto il suo romanzo più maturo, una storia di condanna e di salvezza che indaga le crepe più buie e profonde dell’anima per riempirle di compassione, di vita e di luce.
Cercando di evitare spoiler, ritengo che questa narrazione meriti di essere letta per la sua intensa trama e per le emozioni e stati d’animo che suscita, una lettura che, credo, non lasci indifferenti. È la storia di redenzione di due giovani vite che si intrecciano con i loro tragici passati, in un angolo remoto della montagna, tra i timori del presente e le incertezze di un futuro… Il romanzo esprime perfettamente come, a volte, per vivere sia necessaria una forza straordinaria, nonostante colpe e omissioni, un’adolescenza negata, tragedie e isolamento, amicizia e amore, l’essere presenti e il rimanere. Ma, nonostante tutto, qualcosa di buono c’è, anche in un cuore che sembra nero.
La trama è avvincente e intensa, descrivendo il dolore che i due protagonisti principali portano dentro di sé come un macigno, sia esso subito o provocato. Solo alla fine del racconto, Emilia affronterà il suo passato per poter accettare di rinascere. In questa narrazione, ho apprezzato molto anche la figura del padre di Emilia, che ho trovato essere un grande esempio di forza e di amore, rimanendo al fianco della figlia nonostante tutto…
Non c’è dubbio che la lettura sia stata per me affascinante e potente allo stesso tempo. Non serve dirlo, ma ho letteralmente divorato il libro, nonostante in alcuni passaggi non sia così semplice non da comprendere ma da digerire. Il tema è trattato con scorrevolezza e delicatezza, anche se la storia è spesso narrata in terza persona con frequenti flashback e questo può rendere la narrazione leggermente più complessa e talvolta può sembrare di perdere il filo del discorso, ma ci si rende conto nell’immediatezza che non è proprio così.
Per concludere, direi che Silvia Avallone ci offre, in questo romanzo, un ritratto femminile indimenticabile che incapsula un universo variegato di contraddizioni. In esso, il bene e il male si mescolano e confondono, e gli errori commessi durante l’immaturità portano a conseguenze devastanti. Il racconto è immersivo e in alcuni punti oserei dire anche struggente, dove soltanto la penna della autrice sa così bene mettere in rilievo gli aspetti emotivi riuscendo a emozionare il lettore


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